Sei mesi in Corea del Sud: tutta la verità 🇰🇷
Cari viaggiatori,
bentornati a bordo dei nostri 9 metri quadrati.
Come sapete ci aspettano un sacco di avventure insieme in Giappone, ma prima volevo togliermi qualche sassolino dalla scarpa e trarre insieme a voi le mie conclusioni sulla Corea del Sud.
Perché senza accorgercene ci siamo ritrovati a vivere sei mesi interi in questo paese. Tre in autunno e tre in primavera.
Un autunno iniziato per noi a settembre, con un caldo umido da impazzire, le lenzuola sempre bagnate in camper e i vestiti che si appiccicavano addosso come una seconda pelle. La primavera, invece, ha deciso di farsi desiderare: giorni e giorni al gelo, tra tè caldi stretti tra le mani e un gelone al piede che sembrava non volermi più abbandonare.
La Corea per noi è stata – e rimarrà – un vero odi et amo.
Ricorderemo per sempre il nostro arrivo: la burocrazia infinita, le 24 ore in nave che ci hanno messi a dura prova, Sakè che è scappato dal trasportino a bordo della Duwon (altro che il Titanic). E poi la spiaggia di Samcheok, dove due nonnini ci hanno letteralmente adottati: visto che non avevamo gas a bordo e non potevamo cucinare, per ben tre volte ci hanno portato da mangiare, in cambio solo di un po’ di compagnia.
Porteremo con noi la dolcezza di tanti altri anziani incontrati, desiderosi di ascoltarci, di sentire parlare del mondo. Ma anche il ricordo del cibo, quasi sempre piccante. Dopo un po’ però tutto aveva lo stesso sapore e dopo sei mesi ci è quasi venuto il reflusso (non ce ne vogliano gli amanti della Corea 😅).
Poi però ci sono quelle cose difficili da buttare giù, che forse in un viaggio di 15 giorni non riesci a notare, che talvolta nemmeno vuoi vedere per davvero.
In sei mesi vissuti con la gente del posto, con chi si lascia andare per davvero a confidenze e non ti tratta solo come turista, con chi si è trasferito e ha avuto voglia di un vero confronto insieme a noi, certe cose sono venute a galla. Come i perché su quelle costruzioni enormi e vuote, volute dalle aziende e finanziate dai governi, giganti fantasma che rovinano paesaggi splendidi “solo” per un pungo di soldi fatti girare tra le solite tasche. O sulle domande ricorrenti: “Quanti anni hai? Che lavoro fai? Quanto guadagni?” – il podio coreano, che però poi non trova seguito. E allora più che un dialogo sembra un curriculum vitae da compilare, segno di una società che fa fatica ad evolversi su certi fronti.
Eppure la Corea del Sud viene definita la tigre d’Asia.
Noi, però, dopo sei mesi, l’abbiamo vista più come un gattino spaventato. Un Paese che vanta un’economia fiorente, ma in cui molti non arrivano a fine mese e si indebitano per mostrarsi al volante di un’auto nuova; in cui vestiti alla moda e le carte di credito in rosso sembrano valere più di una vera rete di amici.
Un Paese sicuro, sì, e lo abbiamo sempre detto con gioia.
Ma la Corea del Sud è un Paese in cui vivere davvero con gioia?
A essere sinceri, troppe ombre si celano dietro a una possibile risposta affermativa.
Ecco perché sei mesi a noi sono bastati.
E ora ci aspettano nuove avventure 🚐✨
👉 Se volete vedere la Corea con i vostri occhi, sul nostro canale YouTube ci sono tutte le tappe di questa lunga esperienza, tra cui le “quasi” ultimissime avventure.
Vi aspetto la prossima settimana, con un ultimo sguardo su questo paese, con una storia su alcune donne che si sono guadagnate il titolo di Patrimonio UNESCO.
Un abbraccio dai nostri 9 metri quadrati,
Sara





